18 GIUGNO 2018

Il Grande Gioco

Per avere l’intervento di Bepi Pezzulli abbiamo dovuto aspettare un po’, grazie anche ai ragazzi del suo studio, che l’avevano messo in stallo da overbooking rotariano. Ma ne valeva la pena. Decisamente.

Intanto, perché parla (a braccio) con una concisa precisione che ne rende possibile la comprensione anche da persone lontanissime dal suo settore: un medico, un architetto, un notaio, un agente turistico e così via. È una persona che conosce bene il suo mestiere e sa comunicarlo.

In secondo luogo perché, pur facendo un uso amplissimo dell’inglese (soprattutto per le sigle), lo usa in maniera rigorosa, senza compiacersene, e solo quando è funzionale al discorso. Purtroppo, è necessario intervenire sempre più spesso. L’avviso della conviviale recitava laconico «Brexit»: il che poteva dire tutto o niente. Poteva evocare ondulati pianori popolati da baffuti e compassati signori in giacche di tweed, rigorosamente con i rinforzi ai gomiti; poteva sognare le cabine rosse con lo stemma reale tutt’intorno a Trafalgar Square, dove gli adolescenti italiani - spediti dai genitori a fare uno stage in Gran Bretagna - più dell’inglese studiavano le Inglesi in minigonna o golfone di lana quattro dita sopra alle ginocchia (e niente di più! Sempre sia lodato il nome di Mary Quant!). Quelli che proprio non ce la facevano a rimorchiare potevano sempre provare a telefonare a Milano in teleselezione gratis, usando le nostre cinquanta lire che, per non so quali misteri meccanici, facevano scattare la gettoniera britannica. Potevano… Invece il Relatore, scartato il passato per il futuro, ci ha disegnato via via un’immensa ragnatela quadrimensionale (o addirittura penta dimensionale, se aggiungiamo la dimensione tempo) in cui le varie potenze “giocano” posizionandosi di volta in volta nel modo per loro migliore: USA, Cina, Regno Unito, Reame Saudita, Francia, Iran, e via così, e dove la Brexit non è un’alzata d’ingegno di un popolo un po’ reazionario, bensì una placca sotterranea che si muove aggressivamente influendo su quelle a lei più vicine, in un eterno balletto del potere.

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Di Riccardo Santoro

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