4 giugno 2018

Come combattere il «male oscuro»

Il «male oscuro», secondo la celeberrima definizione che della depressione diede Giuseppe Berto, costituisce un Cavaliere dell’Apocalisse in versione moderna: sgusciante, devastante, angosciante, estremamente maligno, mutevole al pari di una nuvola riflessa da uno specchio, spesso riconosciuto quando ormai è conclamato, rinascente dalle proprie ceneri come il drago di san Giorgio, che condiziona l’intera nostra esistenza.

Non ha nemmeno una sintomatologia sua propria, ma si maschera dietro i sintomi delle altre malattie che spesso l’accompagnano: malattia di Alzheimer, Parkinson, decadimento senile, anoressia.

Più progredisce la ricerca e più si vede quanto sia diffuso, sebbene fortunatamente spesso in forme attenuate e borderline, tanto da poter dire che in una misura o nell’altra la gran parte dell’umanità soffre di questo morbo, con una spiccata preferenza per artisti, scrittori, musicisti, intellettuali, tanto da poter dire – con un pizzico di ironia, ma proprio un pizzico – che per queste categorie la depressione è una malattia professionale, una dotazione senza la quale non può lavorare.

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Di Riccardo Santoro

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