5 GIUGNO 2017
Gianluigi Nuzzi
I mercenari di Dio
Non so quante volte, in questi ultimi anni, ho discusso con conoscenti, amici e parenti sui libri – piuttosto approssimativi, per la verità, e francamente indegni di tanta attenzione – di Dan Brown, cercando di far loro capire che un conto è un romanzo, dove tutto è lecito, e tutt’altra faccenda sono le situazioni reali. Ed ecco che compare un certo signor Gianluigi Nuzzi che pretende di sviscerare la storia, soprattutto economica, degli ultimi cinquant’anni della Chiesa, da papa Luciani a papa Bergoglio (o Francesco, come vuole essere chiamato): una storia la cui cronaca abbraccia piccoli e grandi misteri, umane meschinità e complesse costruzioni finanziarie, enigmi avvolti nel mistero e circondati dall’oscurità. Con “puntate” degne di uno sceneggiato televisivo. Con divagazioni granguignolesche e altre picaresche, che sembrano tratte di peso dal Marchese del Grillo, come quella dei due cardinali, incaricati direttamente dal papa di prendere visione del contenuto di un certo “chiacchierato” faldone, i quali si sentono rispondere dal camerlengo che lo tiene in custodia che ciò non è possibile «per ordini superiori». Dove non si sa se ridere o piangere.
Ahimé, quel «certo signor Nuzzi» è tutt’altro che uno sconosciuto mezzo millantatore in cerca del suo quarto d’ora di celebrità. È un giornalista e conduttore televisivo noto e stimato. E ciò che dice o scrive, soprattutto in questo campo, è rigorosamente controllato e ricontrollato. Dovete tenervi il senso di nausea che vi ha preso mentre Buzzi parlava, e resistere pure alla voglia di un buon caffè, perché in certi posti anche il caffè può essere al cianuro, e gli impiccati possono autostrangolarsi sotto un ponte londinese intestato all’inesistente Ordine dei Frati Neri (Blackfriars, cioè, in italiano, Agostiniani: ma usare il nome inglese fa dimenticare che la strada che vi conduce ospita, guarda caso, la sede londinese dello IOR).
L’insieme di questi fatterelli o fattacci ha portato il libro di Nuzzi a parecchie centinaia di pagine.
Ma,
omissis