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Lunedì scorso, in occasione della conviviale organizzata in interclub con il R.C. Milano Brera, il nostro ospite, il dott. Fabio Roia, magistrato dal 1986 e presidente vicario del Tribunale di Milano, ha affrontato il tema, purtroppo di drammatica attualità, della violenza contro le donne, di cui da sempre si occupa professionalmente, oltre che come studioso e formatore.

La violenza non è un fenomeno isolato ma una voragine strutturale, espressione dell’incapacità di vivere nel rispetto della libertà delle donne.

Il nostro relatore ha premesso che il tema della diversità di genere non si può risolvere nelle aule di giustizia. Il processo è certamente un momento importante ma abbiamo a che fare con un fenomeno che richiede una risposta complessiva da parte della società.

Il dott. Roia ha richiamato la legislazione degli ultimi decenni che consente di comprendere la fatica fatta sulla strada del riconoscimento della violenza come forma di lesione alla civiltà: l’introduzione o abrogazione delle norme rappresenta infatti il comune sentire della gente interpretato e poi tradotto dalla politica.

Basti pensare che solo nel 1981 è stata cancellata nel nostro ordinamento norma che considerava la causa d’onore come fattore di attenuazione del fatto.

L’art. 587 del codice penale puniva infatti con la reclusione da tre a sette anni colui che cagionava la morte del “coniuge, della figlia o della sorella” (da notare la inequivoca declinazione al femminile) nell’atto in cui ne scopriva la illegittima relazione carnale e agiva nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onore suo e della famiglia.

A quei tempi, prosegue il magistrato, la condanna portava troppo spesso all’irrogazione di una pena vicina ai minimi edittali..…e questo la dice lunga sul valore che veniva dato alla vita della donna.

Non si può neppure dimenticare che la legge sul divorzio risale al 1970 e che solo nel 1996, dopo una lunga battaglia culturale, la violenza sessuale è diventato un delitto contro la persona mentre prima era considerato un reato che offendeva la moralità pubblica. Con la stessa legge è stato inoltre introdotto il concetto unitario di atto sessuale nel quale è stata inclusa anche la condotta di contatto libidinoso che prevedeva lo sconto sanzionatorio di un terzo rispetto alla congiunzione carnale.

Anche la considerazione che le donne hanno avuto accesso in magistratura solo nel 1965 offre spunti di riflessione, così come la degradata rappresentazione pubblicitaria della donna che purtroppo ancora oggi impera e che costituisce una forma, seppur sottile, di violenza.

Si tratta dunque di un fenomeno strutturale. Il dott. Roia ha riportato i dati del 2022 riferiti al Tribunale di Milano secondo cui i reati di Violenza sessuale, di atti persecutori (cosiddetto stalking) e di maltrattamenti in famiglia, sono commessi per il 94% da uomini spinti dalla volontà di sopraffazione sulla donna.

Se possibili ancora più devastanti sono le molestie sul luogo di lavoro poiché in questi casi molto spesso la donna non denuncia in quanto non può permettersi di rinunciare al lavoro, fonte di sostentamento per sé e la propria famiglia.

Il dott. Roia si è soffermato inoltre sul ruolo delicatissimo dei giornalisti i quali nei titoli e negli articoli in cui riportano fatti di violenza devono prestare attenzione a trovare le parole giuste per evitare di colpevolizzare la donna e di sottoporla a una diversa e ulteriore forma di violenza.

Ha poi richiamato i dati dell’Osservatorio dei crimini d’odio riferendo che alle azioni contro omosessuali, extracomunitari e nomadi si è aggiunta anche la misoginia che si manifesta in particolare quando la donna acquisisce una posizione di potere.

I dati richiamati dal nostro relatore riportano che, quando si verificano fatti di violenza contro le donne, il 10% degli intervistati ritengono che la notizia sia falsa, il 6% giudica la vittima come una donna dai facili costumi, il 25% ritiene che la violenza sia dipesa dal suo abbigliamento mentre il 20% sostiene che, se una donna non lo si desidera, si può sottrarre al rapporto sessuale!

Una cultura maschilista, dunque, che i dati confermano non essersi attenuata col passaggio generazionale. Infatti la fascia di età di chi commette questi reati per il 41% riguarda uomini tra i 18 e i 35 anni ai quali evidentemente viene ancora oggi trasmesso il messaggio del predominio maschile.

Purtroppo, prosegue il nostro relatore sette donne su dieci con sono in grado neppure di cogliere il disvalore delle condotte poste in essere nei loro confronti dagli uomini.

E’ invece estremamente importante denunciare perché questo è l’unico modo per far emergere il sommerso che ad oggi non è purtroppo stimabile: nei casi di femminicidio, solo il 15% delle donne aveva denunciato e, di queste, il 35% aveva presentato tre o più denunce mentre il 63% non aveva mai rivelato per vergogna la propria condizione e infine solo il 2% si era rivolto ad un Centro Anti Violenza.

Certamente il processo è lungo e difficile ed è importante che sia gestito da operatori giudiziari esperti i quali, utilizzando tutte le norme e gli istituti giuridici che esistono, devono cercare di adeguare i tempi della risposta giudiziaria alle esigenze di tutela fisica e psicologica della persona offesa per evitare che nel processo sia sottoposta a ulteriore sofferenza e oltraggio e cioè a ciò che normalmente viene definito vittimizzazione secondaria.

La serata è proseguita con numerosi interventi e domande rivolte al dott. Roia e sono convinta che ciascuno di noi si sia portato a casa interessanti spunti di riflessione.

                                                                                                   Alessandra Caricato

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Di Riccardo Santoro

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